È una storia che ha richiesto una ricerca storica molto approfondita, una vicenda incredibile che parte da un piccolo paese in provincia di Alessandria, in Piemonte, si sviluppa per tutta la Francia, in particolare a Parigi, torna in Italia e da lì si dirama nel mondo.

È ambientata nella seconda metà del 1800, in uno dei periodi più affascinanti della storia d’Europa: l’epoca della rivoluzione industriale, delle grandi scoperte, del rinnovamento urbanistico, delle Grandi Esposizioni Universali, un momento in cui le grandi città sono proiettate verso il futuro e il genio umano trova la sua massima espressione.

All’interno delle fiere mondiali delle innovazioni, scrittori, designer, imprenditori e artisti presentano le proprie invenzioni o traggono ispirazione per nuove visioni che apriranno la via al mondo moderno. Molti di loro rimarranno nella storia mondiale come nel caso di Giuseppe Borsalino che attraverso le sue creazioni farà del suo nome un mito.

Quella di Giuseppe Borsalino è una storia che serve a ricostruire le nostre radici socio-culturali, perché consente di riscoprire uno dei più importanti imprenditori italiani, antesignano del “Made in Italy” nel mondo, ma soprattutto uomo di principi e valori universali cui l’Italia intera deve moltissimo.

Egli era un ragazzino venuto dal niente che scappa di casa a tredici anni, cerca impiego in diversi cappellifici in Italia, poi in Francia, ottiene l’attestato di cappellaio a Parigi e seppe costruire un impero ma senza mai tradire la sua etica interiore e, infatti. fece della sua città, non solo della sua fabbrica, un’isola felice nella quale si produceva e si viveva in un’ottica di perfetto equilibrio ed eguaglianza, soddisfacendo le esigenze di tutti.

In un’epoca in cui tutti apparentemente cercano modelli cui ispirarsi, ma non sono disposti a dedicare fatica e costanza nel tempo per realizzarli, in cui le identità sono incerte e confuse per effetto della globalizzazione e dei mass-media la figura di Giuseppe Borsalino può quindi essere fondamentale per le nuove generazioni, che recano dentro di sé le stesse domande, le stesse inquietudini di allora.

In un periodo della storia in cui in tutto il mondo nascevano tentativi di città utopiche, cioè luoghi felici nei quali regna la giustizia e dal quale le iniquità sono state bandite, Borsalino è stato un utopista inconsapevole, ma l’unico utopista che è riuscito a fare veramente di una piccola parte del mondo un luogo felice.
Grazie a lui nella sua città, non solo nella sua fabbrica si viveva in un’ottica di perfetto equilibrio ed eguaglianza, soddisfacendo le esigenze di tutti. Lui era il proprietario ma anche il primo operaio e i suoi lavoratori erano la sua famiglia al punto che, preoccupato di come avrebbero vissuto una volta terminato il rapporto di lavoro, istituì una cassa pensioni interna alla fabbrica quando ancora nemmeno si parlava di una legislazione in materia pensionistica.

Con la sua vita Giuseppe B. ha dimostrato che se non è possibile creare una società perfetta, però si può diminuire l’infelicità, ma prima bisogna imparare a uscire dalla logica dell’altruismo forzato e dell’egoismo, poiché la prima regola per creare il proprio Paradiso in Terra è avere la volontà e soprattutto sentire l’esigenza di operare per un bene collettivo.